Azienda

Storia

Viticoltori in San Colombano

La struttura di casa Valdemagna, proprietà della famiglia Bassi da generazioni, non è cambiata rispetto a un secolo fa: l’azienda vitivinicola ha mantenuto gli stessi locali.
Un’antica stalla, che ospitava un roano dalla coda mozza, è diventata sala di imbottigliamento e un dedalo di cantinette, destinate agli affittuari, si è trasformato in luogo di pigiatura e fermentazione.
La cantina fa bella mostra di sé, un bel portico arioso ospita oleandri dalle inflorescenze doppie, tutto il resto è rimasto immutato. I vigneti coprono una superficie di circa quattro ettari, distribuiti in quattro appezzamenti. Il più consistente è posto in valle Montoldo.
Qui crescono la forte barbera, la timida croatina, la vispa uva rara, l’altezzosa cabernet e, più a est, pergoloni di malvasia e cortese dai dorati grappoli profumati. L‘altro appezzamento è invece coltivato a cabernet e croatina.
Presso i locali dell’azienda si svolgono la domenica due tipi di degustazioni senza obbligo di prenotazione, per provare i vini di Casa Valdemagna, accompagnati da bontà locali. Mentre, su richiesta, è possibile vivere l’esperienza enogastronimica tipica del lodigiano, con una degustazione ricca e fantasiosa.

Il territorio

La collina

L’ origine sarebbe frutto di un movimento tellurico, che l’avrebbe fatta emergere dal mare nell’epoca miocenica, altri la farebbero emergere in epoca successiva per la natura corallifera dei ritrovamenti, che ancora vengono alla luce.

“ …scendeva come un soffio, scaturiva da un angolo, da una riva color zafferano, bastava grattarla e subito uscivano brancate di conchiglie e minuscoli coni: era il mare antico…” da “ Casa Valdemagna racconta.”

Durante l’epoca glaciale i detriti colmano le vallate, più tardi, con lo sciogliemento dei ghiacciai, le acque dei fiumi, correndo con impeto verso mare, la modellano.

Le nostre uve

Bacca Rossa. Croatina, Barbera, Uva Rara, Cabernet e Merlot; le prime tre “cultivar” concorrono al blend della nostra Denominazionee e tutte, in purezza e non, concorrono alle nostre Indicazioni Geografiche Tipiche.

Bacca Bianca. Verdea, Malvasia, Cortese, Riesling e Trebbiano sono le “cultivar” che concorrono alle nostre Indicazioni Goegrafiche Tipiche.

 

Il diradamento si concreta con l’eliminazione di due terzi del frutto, i grappoli migliori, i meno periferici rimarranno in pianta e daranno un vino superiore.

La raccolta è manuale e solo i grappoli più meritevoli saranno destinati alla pigiatura. Pigiatura con elicoidi e fermentazione tumultosa con lieviti selezionati, rimontaggi sapienti e svinatura con la conseguente fermentazione lenta; conseguente travaso in recipienti di acciaio dove il vino si “spoglia” del tannico in eccesso, degli acidi e dei sali organici, diventa limpido e acquista il carattere specifico.

P.S. Il nostro vino fa solo acciaio e vetro.

La trasformazione dell’uva in mosto e successivi avviene in modo tradizionale, il vendemmiato viene pigiato meccanicamente e posto in tini d’acciaio per la fermentazione, dopo alcuni giorni con la svinatura il vino viene separato dalle vinacce e posto in altri tini dove continua una lenta fermentazione.

La resa per quintale è determinante per l’ottenimento di un vino superiore. La letteratura indica nel 70% l’ottimale; Casa Valdemagna oscilla tra il 60% per le tipologie rosse, il 50% per le tipologie bianche e il 40% per la tipologia rosato.

Rinunciare al numero per offrire superiorità, questo è lo spirito di Casa Valdemagna.

Circa quattro ettari di vitato nei punti più vocati della collina, con due terzi di ceppi che contano parecchi lustri.

Ottima esposizione a mezzogiorno, dossi dritti, quasi in piedi, garantiscono lo stillicidio dell’acqua a valle scongiurando la falcidia della marcescenza, pertanto manuale è lo sfalcio, la splollonatura, i trattamenti se necessari e il diradamento, dunque una viticoltura coraggiosa!

“Leghiamo ancora i tralci prolifici con salici rossi tagliati in luna calante.

Le dita s’intrecciano e danzano sul fuscello rossastro e come per magia un nodo antico assicura il futuro bacchico fardello ad un filo zincato: unica modernità in un proscenio arcaico.”

APPROFONDIMENTO:
L’arte di trasformare i gonfi grappoli di rosso tannico in ebbrezza è “atavismo genitale”

Racconti di famiglia

La Paglia

Un forcone, non più buono ne per il fieno ne per il letame, era buono solo per la paglia. Il forcone dai rebbi consumati veniva murato al centro della volta, su questo s’infilava un manico di salice o di sambuco e sull’estremità del salice o del sambuco si legava un pugno di paglia. Gaudio!

Li’ correva il vino, se alla paglia univano un serto d’edera correva anche quello rosso. Il comune fissava il calendario delle paglie mentre l’uomo del dazio sigillava la botte destinata alla mescita.

Quindici giorni durava la mescita e passava da un cortile all’altro da una via all’altra ove ci fosse un contadino con un po’ di terra per farne del vino, di quindici giorni in quindici giorni i banini lo bevevano tutto o quasi: contadino oste oggi, contadino bevace domani.

Il nostro cortile s’animava: lunghi e stretti tavoli scuri si riempivano di contadini che disertavano la vigna e infilavano le mani nei magri cavagnoli cercando le frittate che non c’erano. E così i salami e quelle belle galline cotte che sempre non c’erano e s’accontentavano, si accontentavano e cantavano: “aspetti signorina le dirò con due parole chi sono, che faccio dove vivo…”. Cantavano e bevevano.

Di domenica vestivano l’abito scuro, lo stesso indossato in chiesa grande quando, con o senza cravatta, si sposarono, lo stesso che li avrebbe accompagnati, sempre in chiesa grande, al canto: “Io credo, risorgerò, questo mio corpo vedrà il salvatore”.

I tavoli, nella stagione calda, erano a tramontana e si godeva il fresco delle cantine; io li rivedo, rivedo una ragazza tra i tavoli col vassoio smaltato mentre il sole illumina i bicchieri, i quarti, i mezzi litri e i litri piombati presi in affitto e gli avventori che infilano la mano della frusta nel taschino del gilè.

Spagnolette! Spagnolette!” Ripete il marito di Eurosia girando tra i tavoli. Ha un cavagnolo al braccio e una stadera da bambola e quando Mario o Piero alzano l’indice, s’avvicina, appoggia il prodotto sul tavolo e con calma da inizio alla pesatura. Uno scrupolo di spagnolette sul piatto e via, fa scorrere il peso costante lungo il braccio graduato poi.. continua la sua magra corsa tra i tavoli imbevuti di vino.

Spagnolette! Spagnolette!” E rivedo ancora le trecce scure di quella ragazza e il naso affilato: rivedo mia madre.

Le gambe di mio nonno

Mio nonno faceva il vino e le barbatelle. Le infilava in una cassetta di legno con abbondante segatura, poi ci pensava il caldo della stufa.

Dei suoi dolori e delle sue gioie mi bisbigliano le viti di quel cantone lassù, vicino alla strada ad un passo da quel maledetto gerbido: rovi come anguille hanno effimere roselline biancorosate. Di testa c’e’ ne una di merlot, ha nodi grossi come ginocchi di vitello… E’ bellissima nella sua sofferenza. Bisbiglia, lacrimando dalle profonde fessure, di quando mio nonno, durante l’ultima guerra scappava tra le pieghe di quella poca terra e si nascondeva in quei recipienti di cemento azzurro-verderame.

E’ ancora lì un po’ meno azzurro con la bocca buttata su di un fianco, ed è lì che s’infilava e si rifugiava lasciando fuori le gambe: già, erano di legno e poco si curava, quelle di carne e midollo erano rimaste in qualche desolata trincea sull’Adamello, sporche, forse, di sabbia uscita dai sacchi: sabbia di mare? Magari! Sabbia di cava? Forse!

“Vedi. Tutti miei figli, grazie al Grande Mutilato: tante marze tante viti e poi ancora figli dei figli: il Grande Mutilato era un buon padre innestatore.” Ora, d’inverno, vengo a raccogliere i tralci recisi e non porto i guanti , voglio sentirli sul palmo; sentirli sulle dita è come sentire il legno di quelle gambe che rimanevano fuori da quell’azzurro ora interrotto da sottili crepe dove la minuta edera figlia.

Ho notato che l’interno è rivestito da uno spesso muschio buono per il presepio… è una buona grotta e sono certo che il Grande Mutilato ci stava comodo .